L’individuazione del garante della sicurezza nelle aziende complesse

Due sono i principi ormai consolidati in giurisprudenza che vengono richiamati dalla Corte di Cassazione in questa sentenza che ha riguardato una contravvenzione contestata al datore di lavoro e al direttore di cantiere di un’impresa di costruzione per avere messo a disposizione dei lavoratori un’attrezzatura non rispondente alle disposizioni di legge in materia di salute e sicurezza sul lavoro ad essa applicabili. In tema di infortuni sul lavoro, ha ribadito la suprema Corte con riferimento al primo principio, la posizione di garanzia grava, ai sensi dell’art. 299 del D. Lgs. 9/4/2008 n. 81, anche su colui che, pur non essendo stato formalmente investito, eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti al datore di lavoro e ad altri garanti ivi indicati, sicché l’individuazione dei destinatari degli obblighi posti dalle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro deve fondarsi non già sulla qualifica rivestita, bensì sulle funzioni in concreto esercitate che prevalgono, quindi, rispetto alla carica formale attribuita al soggetto.

 

La suprema Corte ha quindi ribadito, come secondo principio, che, ai fini dell’individuazione del garante nelle strutture aziendali complesse, occorre comunque fare riferimento al soggetto espressamente deputato alla gestione del rischio essendo generalmente riconducibile alla sfera di responsabilità del preposto l’infortunio occasionato dalla concreta esecuzione della prestazione lavorativa, a quella del dirigente il sinistro riconducibile al dettaglio dell’organizzazione dell’attività lavorativa e a quella, invece, del datore di lavoro l’incidente derivante da scelte gestionali di fondo.

 

La Corte di Cassazione, alla luce dei principi sopraindicati, ha quindi fatto presente, con riferimento alla sentenza impugnata, che in essa non era stato tenuto conto degli stessi avendo il giudice di primo grado fatto discendere la responsabilità del datore di lavoro di una struttura complessa sic et simpliciter dalla sua posizione senza effettuare alcuna verifica dei particolari profili di colpa attinenti alla figura ricoperta.

Il Tribunale ha dichiarato il datore di lavoro e il direttore di cantiere di un’impresa edile colpevoli della contravvenzione di cui all’art. 71, comma 1, del D. Lgs. 9/4/2008, n. 81 e li ha condannati ciascuno alla pena di seimila euro di ammenda. I due imputati hanno proposto ricorso per cassazione, a mezzo dei propri difensori, adducendo alcune motivazioni. Secondo quanto sostenuto dal datore di lavoro, in particolare, il Tribunale, ha osservato la Sez. III, aveva affermata la sua responsabilità senza verificare che questa doveva essere valutata in ragione delle funzioni dallo stesso esercitate in concreto, così come da costante giurisprudenza in materia, gestendo lo stesso una ditta con oltre 500 dipendenti nella quale operavano differenti soggetti preposti a garantire la sicurezza dei lavoratori, compresi i capocantieri, sì da non potere rispondere nei termini di cui alla imputazione. Il datore di lavoro ha osservato altresì di avere comunque versata la sanzione amministrativa comminata, sia pure con un ritardo di 24 ore, e che le prescrizioni imposte erano state tutte assolte oltre al fatto che sarebbe sopravvenuta la prescrizione dei reati contestati.  Secondo quanto sostenuto dall’altro imputato, poi, dai documenti in atti non sarebbe emersa la sua qualifica di dirigente di fatto, ma solo quella di capocantiere.

 

Le decisioni della suprema Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha ritenuta fondata la censura relativa alla responsabilità del datore di lavoro. La suprema Corte ha tenuto a sottolineare in merito che, secondo quanto costantemente dalla stessa affermato, “in tema di infortuni sul lavoro, ai sensi dell’art. 299, d. lgs. n. 81 del 2008, la posizione di garanzia grava anche su colui che, non essendone formalmente investito, eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti al datore di lavoro e ad altri garanti ivi indicati, sicché l’individuazione dei destinatari degli obblighi posti dalle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro deve fondarsi non già sulla qualifica rivestita, bensì sulle funzioni in concreto esercitate, che prevalgono, quindi, rispetto alla carica attribuita al soggetto, ossia alla sua funzione formale”. La suprema Corte ha inoltre sostenuto sul tema e con maggior riferimento al caso in esame che “ai fini dell’individuazione del garante nelle strutture aziendali complesse, occorre fare riferimento al soggetto espressamente deputato alla gestione del rischio essendo, comunque, generalmente riconducibile alla sfera di responsabilità del preposto l’infortunio occasionato dalla concreta esecuzione della prestazione lavorativa, a quella del dirigente il sinistro riconducibile al dettaglio dell’organizzazione dell’attività lavorativa e a quella del datore di lavoro, invece, l’incidente derivante da scelte gestionali di fondo”.

 

Tanto premesso, la Corte di Cassazione ha ritenuto che la sentenza impugnata non avesse fatto buon governo, con riguardo al datore di lavoro, dei principi sopra indicati considerata la sua pacifica posizione quale datore di lavoro in una struttura complessa avendo il Tribunale fatto derivare, sic et simpliciter, la specifica responsabilità per l’uso improprio di un macchinario senza alcuna verifica di quei particolari profili di colpa che attengono alla figura dallo stesso ricoperta. La suprema Corte ha comunque provveduto ad annullare la sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione. Alle medesime conclusioni la stessa Corte è pervenuta per quanto riguarda la posizione dell’altro imputato il cui concreto potere sul cantiere, quale dirigente di fatto nonché capocantiere dell’impresa di costruzioni, non era emerso con chiarezza nel corso dell’istruttoria.

Add a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *