Consulenti lavoro: “Per ogni operatore cpi 506 potenziali beneficiari reddito cittadinanza”

Ogni operatore del centri per l’impiego dovrà prendere in carico 506 potenziali beneficiari del reddito di cittadinanza. E’ la stima che arriva dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro oggi in audizione alla commissione Lavoro del Senato sul decreto legge sul reddito di cittadinanza.

“Secondo i dati Istat 2017, infatti, gli individui che in Italia vivono sotto la soglia di povertà sono circa 5 milioni -ricordano i consulenti- e di questi circa 3 milioni e trecento mila sono in età lavorativa. Secondo le previsioni dell’articolo 4 del decreto legge, una parte di questi soggetti dovrà essere convocata (inizialmente il richiedente e poi gli altri componenti) dai centri per l’impiego per la sottoscrizione del Patto per il lavoro e i restanti, invece, dai comuni per il patto per l’inclusione sociale. I requisiti mediante i quali sarà operata la distinzione sono quelli previsti al comma 5”.

“Pur non essendovi dati specifici -spiegano ancora i professionisti- che possano individuare il possesso di detti requisiti, è ipotizzabile che il 75% dei beneficiari, dunque circa 2 milioni e cinquecentomila, debba recarsi per la sottoscrizione del patto per il lavoro al centro per l’impiego e la restante parte, invece, presso i Comuni per il patto per l’inclusione sociale. In considerazione dell’attuale numero degli addetti dei centri per l’impiego, ogni operatore -rimarcano i consulenti del lavoro- dovrebbe pertanto prendere immediatamente in carico circa 506 potenziali beneficiari del reddito di cittadinanza. Ciò in quanto soltanto gli operatori specializzati(n. 4.981 solo cat. C e12 D) e non tutti i dipendenti dei centri per l’impiego dispongono delle richieste professionalità”.

E per i consulenti del lavoro “pur condividendo la finalità di aumentare il numero degli operatori addetti al servizio delle politiche attive per il lavoro, occorre che si chiarisca il ruolo e la figura del cosiddetto ‘navigator’, prevista nel decreto legge. Non si comprende, infatti, dove tali soggetti sarebbero fisicamente collocati e con quale modello organizzativo opererebbero. Va tenuto, infatti, in considerazione che le attività connesse alla stipula del patto per il lavoro sono di pertinenza dei centri per l’impiego e, laddove previsto dalle leggi regionali, degli operatori privati accreditati, che per tali funzioni utilizzano proprio personale”.

Secondo i professionisti “la criticità più importante è sicuramente quella della sospensione dell’assegno di ricollocazione per i percettori di Naspi fino al 2021. Con tale previsione, chi perde un posto di lavoro e non si trova nelle condizioni per poter beneficiare del reddito di cittadinanza, si vedrà privato di quell’unico strumento di politica attiva di livello nazionale, appunto l’assegno di ricollocazione, in grado di supportarlo nella ricerca di una nuova occupazione”.

“Al proposito -spiegano i consulenti nel documento- molte Regioni, infatti, opportunamente, hanno orientato le proprie misure di politica attiva del lavoro verso target di destinatari diversi, proprio per evitare sovrapposizioni tra misure regionali e nazionali. Con tale previsione si crea un vuoto di tutela nei confronti dei disoccupati percettori di Naspi”. Adnkronos

Add a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *