Le esperienze di volontariato Elemento importante per chi cerca lavoro

Roma, 17 dic. (Labitalia) – Le esperienze di volontariato sono giudicate con favore dalle aziende, perché denotano, nel giovane che cerca lavoro, un atteggiamento propositivo, la tolleranza allo stress e un’intelligenza emotiva. Il dato, forse in apparenza singolare, è stato riscontrato dal Centro di avviamento alla carriera (Career Services) della John Cabot University (Jcu) – fra le maggiori università americane in Europa, con sede nel cuore di Roma, a Trastevere – che tiene contatti quotidiani con 607 imprese, nazionali e internazionali (il numero è in costante crescita).
Il Centro di avviamento alla carriera organizza tre Career Fair (Fiere della carriera) ogni anno. In questi appuntamenti, gli studenti e i neolaureati incontrano, per dei colloqui di lavoro (più di uno nell’arco della stessa giornata), i responsabili delle assunzioni delle imprese partner, attive in un ampio ventaglio di settori, fra cui: grande distribuzione, digitale e innovazione, trasporti, turismo, comunicazione, profit e no profit, consulenza aziendale.
Le statistiche elaborate in chiusura del 2018 dicono che, al netto della conoscenza della lingua inglese, considerata a dir poco fondamentale, le competenze (skills) più richieste dalle aziende sono quelle digitali e tecnologiche, con una tendenza in rapida crescita: dal 37% del 2017 al 45% di quest’anno. E la percentuale è destinata a salire: la previsione per il 2019, sulla base di un campione inerente le posizioni lavorative e di stage ottenute dagli studenti a partire dal prossimo gennaio, è del 55%. Al secondo posto, fra le skills più richieste, a ‘pari merito’ potremmo dire, ci sono la capacità di saper scrivere (articoli, comunicati, post, relazioni) e l’attitudine alle pubbliche relazioni.
Le statistiche 2018 riguardanti in particolare i Career Fair dicono che 8 laureandi su 10 (quindi l’80%) trovano una posizione di stage o di lavoro durante gli incontri con le imprese. Il trend è positivo e in crescita, considerando il quinquennio di riferimento 2013-2017. Nel dettaglio, l’80% è così distribuito: il 33% dei giovani ottiene una posizione lavorativa nell’area digitale e innovazione; il 17% in campo amministrativo; il 16% in politica, affari internazionali e negli uffici legali; il 13% nella gestione delle risorse umane e nell’educazione; il 13% nei beni culturali, in giornalismo e scrittura creativa; l’8% in comunicazione e marketing.
“La formazione universitaria deve fornire allo studente gli strumenti necessari per inserirsi nel mercato del lavoro. La Jcu monitora giorno per giorno l’evoluzione delle dinamiche occupazionali, intrattenendo rapporti diretti con le imprese. È un sistema comprovato per ottenere risultati in un mondo in rapidissima e continua trasformazione”, ha spiegato Franco Pavoncello, presidente della John Cabot University.
“Le aziende non cercano il genio solitario che colleziona master, senza aver mai fatto nulla di concreto. Al giorno d’oggi, tutto si crea in team, per questo risultano fondamentali le soft skills ed è giudicato positivamente chi sappia relazionarsi in gruppo, avendo al suo attivo esperienze di lavoro, di qualunque genere, di stage e di volontariato”, ha sottolineato Antonella Salvatore, direttore del centro di avviamento alla carriera della John Cabot University.

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